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Don Alfonso monumento della ristorazione campana
Don Alfonso...
Ci sono luoghi simbolo a cui non si può chiedere di dismettere i propri panni per essere altro.
Ai monumenti non si può chiedere d’esser circolo ricreativo, discoteca o barsport e Don Alfonso è il monumento della ristorazione campana.
Certo qualcuno obietterà ancora che il “mangiare” non può essere sublimato a tal punto da trascendersi. Invece il cibo, mai come in questo evo, assurge ad opera d’arte in quanto la creatività culinaria è l’unica –oggi- in grado di comunicare in modo esteso un concetto creativo. La poesia espressa attraverso la trasformazione dell’alimento è l’unica facilmente accessibile al pubblico.
Sto dicendo che l’alta cucina ha preso il posto delle arti visive.
Dunque, così come nelle arti visive, tutti possono arredare il proprio salotto con un quadro...non tutti lo possono arredare con un artista quotato.
Seguitando un questo ragionamento, salendo ancora di livello, si comprenderà pure che il quadro potrebbe essere non solo oggetto d’arredo, bensì anche lavoro d’intelletto che reca contenuti che trascendono l’immagine stessa –come un libro, che non è solo una sequenza di fogli scritti per il nostro diletto-.
Se addirittura arrivassimo a discutere del Quadro d’Autore dovremmo constatare che non si parla nemmeno più di chi lo possiede, eventualmente, di chi temporaneamente detiene quel tale pezzo di patrimonio dell’umanità. E’ un’inezia sapere chi possiede quel tale quadro perché tra il possessore temporaneo dell’opera e l’opera c’è l’abisso che passa tra uno sbadiglio e un ente stabile dell’universo”.
Ma poiché dopo Duchamp, diciamo con gli anni ’60, l’oggetto d’arte attraverso un processo naturale (quindi incontrollabile) è diventato l’espressione sempre più profonda e soggettiva del proprio mondo interiore. L’espressione umana, attraverso le arti visive, ha finito per essere comprensibile solo a colui che la esprime, in quanto detta con “parole” talmente personali da essere sconosciute, assenti, persino dal “vocabolario emotivo” condiviso.
Ecco allora che l’espressione creativa attraverso l’alimento, oltre a potersi manifestare in modo esteticamente sublime resta sempre accessibile in quanto, almeno per ora, il gusto (comprensivo pure della componente visiva) non è mai incomprensibile, quantomeno, non è mai totalmente incomprensibile.
Questo è il motivo per cui alcuni creativi culinari sono considerati nel mondo artisti a tutti gli effetti. Dunque, godere della creazione di un’orata di Alain Ducasse è come godere di un’esecuzione pianistica di Glenn Gould.
Qualcuno sollevando un problema di natura morale dirà di non essere d’accordo “perché il cibo è una componente primaria e non può, non deve, diventare oggetto di speculazione intelletuale”.
Io credo che, stante la componente primaria e fondamentale del cibo che è il valore nutritivo e la funzione di sostenerci; non si può cadere nel fondamentalismo del “cibo elementare” a tutti i costi in quanto la componente culturale, in qualsiasi espressione umana, ha una parte che trascende la funzione dell’oggetto che pure ci è necessario.
A nessuno oggi verrebbe in mente di contestare l’arte dell’architettura, Michelangelo, LeCorbusier, con l’argomento che in fondo a noi serve solo un tetto per coprirci. Saremmo altrimenti ancora nelle caverne. A nessuno viene in mente –stante il bisogno reale di coprirsi- di contestare l’abbigliamento, il valore di una manifattura di pregio, di un materiale ricercato, sol perché in fondo andrebbe bene anche una pelliccia grezza per ripararsi dal freddo.
Ecco con il cibo è la stessa cosa. Esso assolve una funzione vitale ma, come tutto ciò che passa per la testa e le mani dell’uomo viene “culturalizzato”, a volte con grandi danni, altre con forma sublime.
Ebbene.
Anche noi abbiamo il nostro monumento culinario, si chiama Alfonso Iaccarino, perché pretendiamo che quello che, tra i pochi campani, è considerato eccelso nell’albo degli artisti debba rendersi oste?
Se non posso permettermi un Monet (e non me lo posso permettere) mica dico che il prezzo di Monet è ingiustificato. Monet costa tanto perché esprime in modo eccelso il pensiero creativo della sua epoca, non solo perché è un oggetto di speculazione economica.
Anche io ci sono potuto andare con la mia compagna una sola volta da Don Alfonso e considero quell’esperienza come un regalo auto concessoci. Come se le avessi regalato un gioiello, come se mi avesse regalato un Rolex.
Le “Candele spezzate con pancetta, piselli e caciotta” erano sublimi e il “Ristretto di cappone di mare con sedanini di pasta zafferano e asparagi” erano ancora di più.
Ma i “Calamaretti con piselli, fave e patate con salsa di Aglianico” erano un vero monumento del gusto!
I vini: inutile dire che la cantina è impareggiabile ma, come dice Gualtiero Marchesi, è relativa, in quanto un grande piatto viaggia da solo, non si completa necessariamente con il vino, può tranquillamente vivere in autonomia.
Il servizio: e chi l’ ha visto mai un servizio di quel livello!
Il locale poi, posto in una cornice come quella, a cavallo tra Penisola Sorrentina e Costiera Amalfitana, non abbisogna del mio suffragio.
Salvator Rosa
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